Citando un articolo, dove si dà notizia che Nicole Minetti vorrebbe aprire uno centro dentistico in Roma, per tornare al suo lavoro iniziale, non si vuole fare della facile ironia da bar ma solo approfittare della visibilità del personaggio, per porre l’accento su un tema che per molti odontoiatri è critico.
Il tema critico è la possibilità che soggetti non abilitati alla professione odontoiatrica – e la signora Minetti non lo è – possano finanziare e aprire dei centri per le cure odontoiatriche. Molti potrebbero chiedersi dove stia il problema, dato che le normative lo permettono.
Il problema sta nella differenza fra l’etica commerciale e quella professionale, in questo caso medico-odontoiatrica. L’una s’interessa molto che i bilanci siano attivi, l’altra s’interessa prima del benessere del paziente e successivamente – perché nessuno vive d’aria – che i conti professionali siano attivi.
Si potrebbe obiettare che ai fini della creazione di posti di lavoro e dell’erogazione di servizi, sia irrilevante che i finanziatori di uno centro dentistico debbano essere abilitato o meno all’esercizio della professione odontoiatrica. A questo obiezione si potrebbe ribattere che nonostante l’esplosione di aperture di nuove strutture con i nomi più fantasiosi la soddisfazione media delle persone che si rivolgono ai grandi centri non è aumentata – anzi – e che il “mercato” ormai è giunto alla saturazione, preludio di un inevitalbile sfoltimento degli attori nel settore.
Per non parlare dello sfruttamento dei giovani odontoiatri pagati a cottimo con pochi euro.
A costo di sembrare (erroneamente) retrogradi siamo convinti che l’unica via per erogare servizi odontoiatrici, dove possano convivere etica professionale e giusta remunerazione degli odontoiatri sia quella dove i titolari siamo abilitati all’esercizio della professione odontoiatrica, con qualche correttivo per una giusta concorrenza, cioè con le tariffe massime e minime e con una maggiore percentuale di detraibilità, da parte del paziente, della ricevuta/fattura.